I FORNI DI CALCE (Sos Urros ’e carchina) NEL COMUNE DI SINISCOLA

I FORNI DI CALCE (Sos Urros ’e carchina) NEL COMUNE DI SINISCOLA

L’UTILIZZO DELLA RISORSA ROCCIA NEL TEMPO 

Nel territorio di Siniscola, fin dai primi decenni del Novecento, si produceva la calce. Questa attività era favorita dalla presenza della materia prima di cui è costituito il massiccio calcareo del Monte Albo. Testimonianza ne sono i numerosi forni di calce distribuiti sul territorio. Prima della comparsa dei moderni macchinari la lavorazione della calce era completamente manuale e molto faticosa.

Nel corso degli anni l’utilizzo della risorsa roccia presente nel territorio ha coinvolto diverse attività.

LOCALIZZAZIONE E SCELTA DEL SITO PER I FORNI DI CALCE

La scelta del luogo dove erigere i forni di calce era molto importante e richiedeva uno studio preliminare dettagliato nel quale si analizzavano diversi aspetti, come l’abbondanza nelle immediate vicinanze di materia prima da lavorare, la possibilità di reperire enormi quantità di legna necessaria per alimentare il fuoco di cottura del materiale lapideo ed infine la presenza di un versante o una parete per incassare almeno parzialmente il forno al fine di evitare crolli e dispersione di calore.
Importante era valutare la qualità del calcare a disposizione, infatti, non tutto era di buona qualità, solitamente quello con una colorazione più chiara era il migliore, perché non aveva impurità. Per esempio in località Petras de Sorre erano stati costruiti dei forni, subito dopo abbandonati in quanto la calce prodotta era scadente.
Nel territorio di Siniscola i forni di calce sono distribuiti dalla zona di Oreo al confine con Posada fino a Sa Conca ’e Locoli ai piedi del Monte Albo. Alcuni di questi, si trovano in ottimo stato di conservazione, altri in abbandono o completamente distrutti. Allo stato attuale delle conoscenze sono stati censiti 23 forni, ma si ritiene che ve ne siano di più.

STRUTTURA DEI FORNI E TECNICHE DI COSTRUZIONE

I forni per la cottura della calce avevano una forma tronco-conica ed una struttura imponente. Spesso, infatti, erano alti anche 5-7 metri, con un diametro di 5-6 metri ed un’apertura d’ingresso ampia ed alta fino a 2 metri. La parte superiore del forno rimaneva aperta. Il forno era più largo alla base, mentre nella parte superiore si restringeva leggermente.
La struttura del forno era costruita con diversi strati e tipi di roccia. La parte interna era rivestita di roccia scistosa più resistente alle alte temperature del forno, mentre la struttura esterna era costruita con roccia calcarea. Eventuali interstizi venivano riempiti con argilla.
La parte interna, centrale, dove si accendeva il fuoco era chiamata sa lapia. La temperatura raggiungeva i 300-400 °C.
La bocca del forno era costruita con delle pietre scistose, più resistenti alle alte temperature. La struttura era a volta e si chiudeva con la pietra centrale chiamata craisi (“chiave”).
La capienza media di un forno variava dagli 800 ai 1000 quintali.

SELEZIONE DEL CALCARE E ALTRE OPERAZIONI PRELIMINARI

La materia prima
I lavori consistevano inizialmente nella scelta del costone da far franare e conseguentemente, in base alle fratture che presentava la roccia e alla sua posizione, nella sistemazione delle mine. I blocchi calcarei scelti erano chiamati trovanti e avevano delle dimensioni che variavano dai 3 ai 10 metri cubi. Fino agli anni 1965-68 i fori per inserire la dinamite nei trovanti e frantumarli erano fatti a mano. I carchinajos con mazzette e ferri praticavano dei fori sulla roccia nei quali sistemavano l’esplosivo. Il costone dopo lo scoppio franava nel piazzale sottostante dove si praticavano le operazioni di spacco, che avvenivano manualmente con la mazza o tramite ulteriori esplosioni effettuate con la “polvere nera”.

La legna da ardere

Per alimentare il fuoco dei forni era necessario procurarsi una buona scorta di legna, motivo per cui una delle operazioni preliminari da compiere prima dell’accensione era quello di raccoglierne in quantità. Come legna da ardere si utilizzava quella più diffusa e presente nei dintorni dei siti, quindi: cisto, lentisco e corbezzolo.

OPERAZIONI DI CARICAMENTO E COTTURA DEL CALCARE

Una volta terminate tutte le operazioni preliminari si provvedeva a caricare il forno. La fase di riempimento del forno era la più faticosa, poiché si provvedeva alla raccolta ed al trasporto per lo più a spalla del materiale: una squadra d’operai si occupava della materia prima, mentre una seconda squadra si occupava del legnatico. Nella parte centrale, vicino al fuoco, erano posti i blocchi più grandi, mentre man mano che ci si allontanava dal fuoco si sceglievano i pezzi più piccoli.
Terminata la fase di riempimento si procedeva all’accensione del fuoco nel fornello appositamente predisposto. A ridosso del forno era allestito un piccolo ambiente utilizzato dagli operai come riparo sia nei mesi estivi che invernali.
Il lavoro e la fatica sostenuta dagli operai erano immani; infatti, per portare a compimento il processo di cottura di un solo forno, era indispensabile la manodopera di almeno 8-10 persone, che si alternavano per due alla volta per un intero mese sia di giorno sia di notte. Questo non accadeva sempre; infatti, in molti casi il lavoro era svolto da squadre ridotte che si alternavano nel duro lavoro. Era prioritario non far spegnere il fuoco altrimenti tutto il lavoro sarebbe stato inutile.

Manuela Mulargia 
LEA Hydromantes

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